TDF

di Pietro Lamprati
Temevo il suo arrivo anche se non ero sicuro sarebbe arrivata. Questa volta nessuno ne aveva parlato ancora. Io ne avitavo l’argomento per scongiurarne l’arrivo, ma qualcosa mi diceva che anche questa volta me l’avrebbero organizzata.
Ma puntuale come la Lufthansa l’ultimo giorno di viaggio è arivata la maledettissima CENA TIPICA!!
Nooooooooooo.
Ne ho fatte a decine ed a decine ho tentato di evitarne dalla Spagna alla Tunisia, dalla Grecia all’Iran sono tutte uguali. Ogni agenzia corrispondente sembra non possa rinunciare a questo pacchianissimo siparietto in cui improbabili tradizioni locali si fondono a pesantissimi piatti.
La situazione in genere si ripete. In una grande sala sono stipati come polli, pallidi occidentali, le cameriere sono vestite in abiti tradizionali (che di solito non mette più nessuno in tutto il paese) come pure gli scoglionatissimi suonatori. Imbracciano antichi chitarroni mentre un paio di ballerine si dimenano sorridenti sul palco. In mezzo a questa festosa atmosfera vengono serviti i più famosi piatti tradizionali che nella migliore delle ipotesi ti faranno compagnia sullo stomaco nel’interminabile volo di ritorno. Non rimane che bere e cercare di dimenticare questa pagliacciata dal sapore post coloniale che tutti sembrano apprezzare tantissimo
Nelle versioni più tamarre per destinazioni di massa, con l’aumentare del tasso alcolico, aumenta l’audacia dei rubicondi turisti che improvvisano la loro versione di ballo locale, ciondolando di qua e di la. I nord europei, che in quanto a tamarri competono con quelli nostri d’espatrio, hanno in genere le bronze più comiche con audaci tentativi di approccio alle povere cameriere.
Etiopia: stessa scena, stessa pantomina, ma almeno questa volta non si mangia per terra che si sa, in altri paesi, “fa molto tipico”. Osservo la scena e mi chiedo perchè? Sono le 21.30, alle 24.00 devo prendere un volo intercontinentale che, dio non voglia, potrebbe essere pieno a tappo. Perchè stare qui a soffrire? Cosè questa rappresentazione tipica che con la cultura locale non c’entra nulla? Il “tipico” è giusto qui fuori, per la strada mentre qua dentro è in corso una finzione dozzinale, impaccettata, bella e pulita per evitare che si possa uscire con qualche domanda in più.
Mi alzo e me ne vado.

Propongo quindi una mozione internazionale per l’eliminazione della “cena tipica” dai programmi di viaggio. Eliminiamo queata inutile tortura!
“Dillo anche tu al tuo agente di viaggio ed aiutaci a liberare il mondo da questa piaga”.
I “programmi liberati” potranno beneficiare del logo Tdf: “TYPICAL DINNER FREE”. Con i soldi risparmiati dalla mancata cena aiutaremo la riqualificazione professionale di ballerine e suonatori senza più impiego.
Il mondo sarà un posto migliore, vedrai!!

Pietro Lamprati

3 thoughts on “Etiopia: typical dinner free

  1. Sono d’accordo, basterebbe che la gente viaggiasse senza appoggiarsi alle agenzie o tour operator (che spillano cifre esagerate) e scieglere se e quando farsi una cena tipica e magari non stipati come polli in batteria!

  2. Mai come nella contemporaneità la mobilità umana è divenuta così rilevante. Antropologicamente si parla di mobilità globale e di HOMO TURISTICUS (Duccio Canestrini) ed è così che grazie al turismo propinato dai tour operator il concetto di cultura locale diventa una questione di massa…e si sa la massa svaluta, rovina risucchia e uccide tutto. La massa è impietosa ed egemone e crea un rapporto malsano tra dominanti e dominati. I turisti diventano tsunami, e inondano…inondano culture, luoghi, tradizioni e come ogni inondazione spazzano via tutto. Nei miei viaggi ho visto turisti curiosare ovunque, turisti negli slum di Nairobi luoghi (o non-luoghi) in cui la gente non sa + come sopravvivere….ho visto turisti credere che in tutto ciò ci fosse qualcosa di romantico…cosa c’è di romantico nella povertà forzata, nei quintali di spazzatura gettati sulle strade, cosa c’è di romantico in persone distrutte?? Ho visto etnie (termine che no condivido…) diventare zoo umani e Maasai finti saltare all’impazzata, tutto perchè nell’immaginario occidentale del turista medio un Maasai può solamente saltare… Sembra davvero che l’uomo occidentale non possa sottrarsi dall’esseere un homo turisticus.
    Certo dare una definizione di turismo non è facile; credo che il fenomeno non sia riconducibile all’originale nomadismo umano. A mio parere il il turismo è un comportamento sociale tipico delle società occidentali industrializzate le quali innescano una divisione netta tra lavoro e tempo libero. Forse è giunta l’ora di creare una decostruzione del fenomeno e di un processo di revisione critica che porti verso uno sviluppo turistico fondato sui principi di sostenibilità e reciprocità…ma purtroppo i tour operator sono ben lontani dal fare ciò.

    1. wow, non posso che darti ragione….anche io ho avuto episodi imbarazzanti.
      rispetto all’ultima affermazione: non tutti i tour operator sono così. fa fatica ad emergere ma sempre di più una filosofia di sostenibilità turistica applicata al tour operating prende spazio e mercato. http://www.viaggisolidali.it solo per citarne una di amici…
      grazie per il commento

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